Studio Legale LdV Viareggio | Genitori concedono in comodato ai figli un immobile: cosa accade in caso di disgregazione del nucleo familiare?
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Genitori concedono in comodato ai figli un immobile: cosa accade in caso di disgregazione del nucleo familiare?

Nella prassi è assai frequente che i genitori, al fine di aiutare i figli nel reperimento di un alloggio, concedano loro in comodato un proprio immobile.
Il contratto di comodato, infatti, per le sue caratteristiche (ai fini della validità non richiede particolari formalità ed è essenzialmente gratuito) si presta agevolmente ad un uso diffuso.
È parimenti frequente che i figli comodatari stabiliscano, presso l’immobile concesso loro dai genitori, il proprio nuovo nucleo familiare.
Ma cosa accade però quando sopraggiunge la crisi e la successiva disgregazione del nucleo familiare insediatosi presso l’immobile concesso in comodato?

In questa sede, anche alla luce delle ultime pronunce giurisprudenziali, soprattutto di legittimità, verranno esaminate le conseguenze giuridiche della assai frequente assegnazione, da parte del giudice della separazione/ divorzio, della casa familiare oggetto di comodato ad uno degli ex coniugi.

Innanzitutto, la normativa codicistica disciplina due diverse figure di comodato:

  1. Comodato con scadenza connessa ad un termine o ad una determinata destinazione d’uso: disciplinato dall’art. 1809 c.c. che recita espressamente “Il comodatario e’ obbligato a restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto o, in mancanza di termine, quando se ne e’ servito in conformità del contratto. Se però, durante il termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, sopravviene un urgente e impreveduto bisogno al comodante, questi puo’ esigerne la restituzione immediata.”
  2. Comodato senza determinazione di tempo / precario: risulta disciplinato dall’art. 1810 c.c. “Se non è stato convenuto un termine ne’ questo risulta dall’uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede.”

Cosa accade quindi se il bene concesso in comodato, adibito ad abitazione familiare, viene assegnato dal Giudice della separazione / divorzio, al sopraggiungere della crisi familiare, ad un solo coniuge?

La giurisprudenza, negli anni, a tal proposito ha assunto orientamenti diversi:

  • Cassazione sent. n. 10977/1996: “Quando il provvedimento di assegnazione della casa familiare, in seno alla separazione personale dei coniugi, si renda opponibile e quando – in questo caso – l’alloggio fosse utilizzato dai coniugi stessi in virtù di un comodato senza predeterminazione di un termine finale, la durata dell’utilizzazione dell’immobile è governata dalla disciplina fissata nel provvedimento giudiziale di assegnazione e non da quella propria del rapporto originario di comodato.”  La pronuncia in esame ritiene quindi che, sopravvenuto il provvedimento di assegnazione della casa coniugale, il titolo che legittima il godimento dell’immobile non sarà più il contratto di comodato, bensì il provvedimento stesso di assegnazione; pertanto, la scadenza del contratto sarà ancorata all’esaurimento della destinazione funzionale dell’immobile stesso (i.e. al raggiungimento dell’autosufficienza economica dei figli minori nel cui interesse è stata disposta l’assegnazione dell’immobile);
  • Cassazione Sezioni Unite sent. n. 13603/2004: “Nell’ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull’immobile, ma determina una concentrazione, nella persona dell’assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta regolato dalla disciplina del comodatocon la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell’art. 1809, comma 2, c.c.”. A differenza del precedente orientamento, quindi, il rapporto con il bene immobile non muta in virtù del sopravvenuto provvedimento di assegnazione, che non crea quindi ex novo un titolo di legittimazione ad abitare, ma ha semplicemente l’effetto di escludere l’altro coniuge dal godimento del bene. Pertanto, ove fosse previsto un termine di durata nel contratto di comodato, questo non verrà mutato dall’assegnazione e alla scadenza del medesimo, il coniuge assegnatario sarà tenuto alla restituzione del bene al comodante; viceversa, in mancanza di una predeterminazione del termine di durata del contratto, ossia in caso di c.d. comodato precario, se, al momento della consegna del bene immobile, fu impresso al bene un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari, tale vincolo sopravviverà anche alla crisi familiare, non potendosi applicare quindi l’art. 1810 c.c. che consente al comodante di richiedere ad nutum la restituzione del bene. Il comodante quindi, prima di tale momento, potrà ottenere la restituzione immediata del bene solo in caso di sopravvenienza di “un urgente e impreveduto bisogno”.
    Nel caso sottoposto all’esame delle Sezioni Unite, era stato infatti accertato che il comodante (genitore) aveva concesso l’immobile in comodato al figlio affinché questi lo destinasse a casa familiare;
  • Cassazione sent. n. 15986/2010: “Allorquando i genitori di uno dei coniugi abbiano concesso in comodato un bene immobile di loro proprietà perché sia destinato a casa familiare, trattandosi di comodato senza fissazione di predeterminato termine finale (c.d. precario), il beneficiario è tenuto a restituirlo a loro semplice richiesta, quand’anche sia stato assegnato, in sede di separazione personale dei coniugi, all’affidatario dei figli.”  Tale pronuncia rivede completamente le conclusioni cui erano giunte le Sezioni Unite, ritenendo viceversa che si verta in ipotesi di comodato c.d. precario, con facoltà per il comodante di ottenerne la restituzione a semplice richiesta;
  • Cassazione sent. n. 3168/2011: “Nel contratto di comodato, il termine finale può, a norma dell’art. 1810 cod. civ., risultare dall’uso cui la cosa dev’essere destinata, in quanto tale uso abbia in sé connaturata una durata predeterminata nel tempo; in mancanza di tale destinazione, invece, l’uso del bene viene a qualificarsi a tempo indeterminato, sicché il comodato deve intendersi a titolo precario e, perciò, revocabile “ad nutum” da parte del proprietario.” Anche questa pronuncia si allontana dai principi espressi dalle Sezioni Unite e afferma che in mancanza di una destinazione d’uso specifica del bene (legata alla natura stessa del bene) il contratto di comodato deve considerarsi precario, con applicazione della disciplina di cui al già citato art. 1810 c.c.. Pertanto, sopravvenuta la crisi coniugale, il genitore ha diritto di ottenere la restituzione del bene concesso in comodato al figlio e alla di lui famiglia.
  • Cassazione Sezioni Unite sent. n. 20448/2014: “E’ solo nel caso di cui all’art. 1810 cod. civ., connotato dalla mancata pattuizione di un termine e dalla impossibilità di desumerlo dall’uso cui doveva essere destinata la cosa, che è consentito di richiedere ad nutum il rilascio al comodatario. L’art. 1809 cod. civ. concerne invece il comodato sorto con la consegna della cosa per un tempo determinato o per un uso che consente di stabilire la scadenza contrattuale. Esso è caratterizzato dalla facoltà del comodante di esigere la restituzione immediata solo in caso di sopravvenienza di un urgente e imprevisto bisogno (art. 1809 comma 2 cod. civ.). E’ a questo tipo contrattuale che va ricondotto il comodato di immobile che sia stato pattuito per la destinazione di esso a soddisfare le esigenze abitative della famiglia del comodatario, da intendersi in tal caso “anche nelle sue potenzialità di espansione”. Si tratta infatti di contratto sorto per un uso determinato e dunque, come è stato osservato, per un tempo determinabile per relationem, che può essere cioè individuato in considerazione della destinazione a casa familiare contrattualmente prevista, indipendentemente dall’insorgere di una crisi coniugale. E’ grazie a questo inquadramento che risulta senza difficoltà applicabile il disposto dell’art. 1809 comma 2, norma che riequilibra la posizione del comodante ed esclude distorsioni della disciplina negoziale. Il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni ma non autosufficienti senza loro colpa, emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull’immobile, ma determina una concentrazione, nella persona dell’assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta regolato dalla disciplina del comodato, con la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno ex art. 1809 c.c.”

Alla luce di tale ultimo arresto, si deve concludere quindi che, in caso di concessione in comodato da parte dei genitori ed in favore dei figli di un immobile, successivamente adibito dal discendente a residenza familiare del nuovo nucleo, sopravvenuta la crisi familiare, occorrerà distinguere:

Se si tratta di comodato a termine: la scadenza naturale del contratto permane, ed il coniuge che occupa l’immobile, pur beneficiando di un provvedimento di assegnazione in sede di separazione, sarà tenuto al rilascio al momento della scadenza del contratto;

Se si tratta di comodato senza previsione di durata / d’uso: in questo caso, ove sia provato che il bene fu concesso in comodato affinché il comodatario ivi stabilisse il nuovo nucleo familiare, il coniuge assegnatario dell’alloggio avrà il diritto di godere dell’immobile sino a che perdureranno le esigenze della famiglia (evidentemente, sino al sopraggiungere dell’autosufficienza economica dei figli nel cui interesse fu disposta l’assegnazione).
Conseguentemente, il comodante potrà richiederne la restituzione immediata solo ove sopravvenisse un urgente ed imprevisto bisogno. Quest’ultimo deve avere le caratteristiche dell’imprevedibilità e dell’urgenza e deve essere sopravvenuto rispetto alla cessione in comodato, deve essere altresì serio, non voluttuario, né artificiosamente indotto. Resta escluso il bisogno non attuale, non concreto, ma soltanto astrattamente ipotizzabile. Si deve quindi ritenere che la necessità di uso diretto o il sopravvenuto deterioramento delle condizioni economiche, che obbiettivamente giustifichino la restituzione del bene anche ai fini della vendita o della locazione del bene immobile, legittimano il comodante a riavere il bene, anche se originariamente destinato a casa svolgere la funzione di essere adibito a casa familiare.