Studio Legale LdV Viareggio | ASSEGNO ALIMENTARE E ASSEGNO DI MANTENIMENTO
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ASSEGNO ALIMENTARE E ASSEGNO DI MANTENIMENTO

Spesso i due termini vengono confusi tra loro e utilizzati come sinonimi: in realtà, essi rappresentano due istituti giuridici ben distinti.

L’assegno di mantenimento, disciplinato dall’art. 156 c.c., nell’ambito della separazione personale dei coniugi, prevede che: ” Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri. L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato. Resta fermo l’obbligo di prestare gli alimenti di cui agli articoli 433 e seguenti.”

L’intervenuta separazione personale dei coniugi non determina infatti una definitiva cessazione dei reciproci obblighi di solidarietà familiare, pertanto, il coniuge che non disponga di “adeguati redditi propri” ha diritto di ricevere dall’altro un contributo (mensile) per il proprio sostentamento parlamentato a quanto necessario “a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio” (Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 20/06/2023, n. 17545). La debenza di tale assegno presuppone necessariamente la richiesta della parte beneficiaria e l’intervento del Giudice, alla luce di un’indagine sui redditi di cui sono titolari i rispettivi coniugi, è volta alla esatta quantificazione dello stesso.

I redditi del beneficiario devono non essere adeguati, ossia il coniuge richiedente deve trovarsi in una posizione reddituale deteriore rispetto a quella del coniuge onerato tale per cui la separazione personale comporterebbe un ulteriore peggioramento della propria posizione economica, già squilibrata. 

Per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento, è altresì necessario che al coniuge richiedente non sia “addebitata la separazione”: in breve, senza pretesa di esaustivi su questo punto, su richiesta, il Giudice potrà pronunciare domanda di addebito della separazione nei confronti del coniuge che, con i suoi comportamenti, abbia violato i doveri matrimoniali, rendendo perciò intollerabile la convivenza o recando grave pregiudizio all’educazione della prole. A titolo esemplificativo, la separazione può essere addebitata al coniuge che abbia posto in essere maltrattamenti, omissione dell’assistenza morale e materiale nei confronti del coniuge richiedente l’addebito, o abbia violato i doveri di fedeltà coniugale mediante atteggiamenti lesivi della dignità e onorabilità dell’altro coniuge (ad es. la divulgazione pubblica tra i consociati comportante discredito se non umiliazione).

L’addebito della separazione determina la perdita del diritto a ricevere l’assegno di mantenimento nonché la perdita dei diritti successori ma, a ulteriore dimostrazione della differenza radicale tra i due istituti, non fa venir meno il diritto a ricevere gli alimenti, ove sussista lo stato di bisogno. 

Il provvedimento con cui il Giudice determina e quantifica l’assegno di mantenimento soggiace al principio “rebus sic stantibus” ovverosia esso è pronunciato a fronte della situazione di fatto esistente in quel preciso momento; ciò comporta, conseguentemente, che modifiche rilevanti alla situazione di fatto (es. notevole peggioramento o miglioramento delle condizioni economiche del beneficiario) possono determinare usa revisione, sia nell’an sia nel quantum dell’assegno di mantenimento.

Meno noto è sicuramente l’istituto degli alimenti, previsto dall’art. 433 c.c. e ss.. In particolare, il riconoscimento del diritto agli alimenti presuppone che l’istante “versi in istato di bisogno” e che non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. Sotto il profilo del quantum, “essi devono essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche [440, 441] di chi deve somministrarli(2). Non devono tuttavia superare quanto sia necessario per la vita dell’alimentando, avuto però riguardo alla sua posizione sociale [51, 435, 439, 446, 660, 1881](3).”
Sotto il profilo dell’an del diritto emergono le prime differenze con l’assegno di mantenimento in sede di separazione personale, il quale, come visto, presuppone che la parte istante non disponga di “adeguati redditi propri”, concetto assai dissimile dallo “stato di bisogno” che presuppone la totale mancanza o la scarsità delle risorse indispensabili al soddisfacimento delle primarie esigenze di vita. Si ritiene che a ciò debba accompagnarsi anche l’incapacità di provvedere al proprio sostentamento (ad es. impossibilità di svolgere attività lavorativa per incapacità fisica).
A differenza dell’assegno di mantenimento che è sempre posto a carico del coniuge, la prestazione alimentare sono tenuti, ai sensi dell’art. 433 c.c. nell’ordine: il coniuge, i figli anche adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi,  i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti; i generi e le nuore;  il suocero e la suocera; i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.
In caso di precedente donazione da parte del soggetto che si trovi ora in stato di bisogno, ai sensi dell’art. 437 c.c. il donatario è tenuto, con precedenza su ogni altro obbligato, a prestare gli alimenti al donante, a meno che si tratti di donazione fatta in riguardo di un matrimonio o di una donazione rimuneratoria.
La giurisprudenza (cfr. di recente Tribunale Sassari, Sez. I, Sentenza, 03/01/2023, n. 8) considera la predetta elencazione tassativa e progressiva e, dunque, il primo soggetto in grado di adempiere esclude gli altri, atteso che la ratio di tale previsione si trova nell’intensità decrescente del vincolo di parentela o di affinità.
Per specifica previsione normativa di cui all’art. 439 c.c. “Tra fratelli e sorelle gli alimenti sono dovuti nella misura dello stretto necessario”.
Ai sensi dell’art. 441 c.c. ove vi siano più persone sono obbligate nello stesso grado, alla prestazione degli alimenti, tutte devono concorrere alla prestazione stessa, ciascuna in proporzione delle proprie condizioni economiche e, inoltre, “Se le persone chiamate in grado anteriore alla prestazione non sono in condizioni di sopportare l’onere in tutto o in parte l’obbligazione stessa è posta in tutto o in parte a carico delle persone chiamate in grado posteriore. Se gli obbligati non sono concordi sulla misura, sulla distribuzione e sul modo [443] di somministrazione degli alimenti, provvede l’autorità giudiziaria secondo le circostanze [446](1).”
La prestazione  alimentare trova la sua fonte, anche costituzionale, nel dovere di solidarietà di cui all’ art. 2 Costituzione. 
Il diritto che ne consegue è un diritto personalissimo, intrasmissibile, irrinunciabile ed imprescrittibile (secondo il dettato dell’art. 2934 del c.c., co. II), inalienabile ed impignorabile.