09 Mag L’accettazione con beneficio di inventario
ACCETTAZIONE EREDITA’ CON BENEFICIO DI INVENTARIO
L’art. 490 c.c.. disciplina gli effetti di tale tipo di accettazione dell’eredità (alternativo alla accettazione c.d. “pura e semplice”) nei termini che seguono:
“L’effetto del beneficio d’inventario consiste nel tener distinto il patrimonio del defunto da quello dell’erede.
Conseguentemente:
1) l’erede conserva verso l’eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto, tranne quelli che si sono estinti per effetto della morte;
2) l’erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti.
3) i creditori dell’eredità e i legatari hanno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell’erede. Essi però non sono dispensati dal domandare la separazione dei beni, secondo le disposizioni del capo seguente, se vogliono conservare questa preferenza anche nel caso che l’erede decada dal beneficio d’inventario o vi rinunzi.”
Tale tipo di accettazione dell’eredità, frutto di una scelta personale dell’erede (che, pertanto, non può essere oggetto di azione, in via surrogatoria, da parte dei creditori), risulta opportuna laddove l’asse relitto sia gravato da passività.
Essa, infatti, consente all’erede di tenere separato il proprio patrimonio personale da quello ereditato, nonché di rispondere dei debiti ereditari non oltre il valore dei beni a lui pervenuti (“ultra vires”).
Della separazione dei patrimoni beneficia sia l’erede sia i creditori dell’eredità i quali godranno della preferenza sul patrimonio ereditario rispetto ai creditori dell’erede.
Qualora l’erede risulti gravemente indebitato, i creditori dell’eredità potranno chiedere la c.d. separazione dei patrimoni (ex art. 490 c.c., III comma) che beneficeranno della preferenza sui beni del defunto rispetto ai creditori dell’erede, così escludendo il concordo dei creditori dell’erede sui beni del defunto.
Su tale aspetto hanno a lungo dibattuto dottrina e giurisprudenza e il dibattito, oggi, pare tutt’altro che sopito: da un lato vi è infatti chi ritiene che l’erede beneficiato sia tenuto al pagamento dei debiti ereditari solo con i beni ereditari (cum viribus hereditatis), dall’altro, invece, vi è chi ritiene che la limitazione di cui beneficia l’erede attenga esclusivamente “al valore” dei beni divenendo quindi aggredibili anche i beni personali dello stesso, ovviamente nei limiti del valore dei beni ereditati (intra vires hereditatis).
L’orientamento oggi maggioritario sposa la prima interpretazione: da ultimo, si veda Cassazione Civile, Sez. II, sentenza n. 29252 del 22/12/2020 (in questo senso anche Cass. 27364/2016 e Cass. 6488/2007).
Parte della dottrina (NATOLI) ritiene addirittura che il pagamento effettuato dall’erede con denaro proprio di un debito ereditario sia suscettibile di azione revocatoria da parte dei creditori personali dell’erede.
La ratio sottesa a tale interpretazione muove dal dato letterale della norma citata, la quale, appunto, sancisce, nel caso di accettazione beneficiata, la segregazione tra i due patrimoni del defunto e dell’erede, in deroga al principio generale dell’art. 2740 c.c..
La sentenza citata afferma testualmente che: “In questo ambito, quando si parla di “beni propri” dell’erede, sottratti alla responsabilità patrimoniale per i debiti ereditari e per i legati, bisogna intendere i beni diversi da quelli a lui provenienti dalla successione (art. 497 c.c., comma 1; art. 512 c.c., comma 3). L’accettazione beneficiata, mezzo necessario per evitare la responsabilità personale dell’erede e perciò per evitare che egli risponda verso i creditori del defunto con i beni conseguiti mercè l’azione di riduzione, è stata perciò elevata a condizione di ammissibilità dell’azione.”
I beni personali dell’erede sarebbero quindi aggredibili dai creditori del defunto solo nell’ipotesi contemplata dall’art. 497 cod. civ., ossia nel caso in cui: “l’erede non può essere costretto al pagamento con i propri beni, se non quando è stato costituito in mora a presentare il conto e non ha ancora soddisfatto a quest’obbligo.”
L’aggredibilità dei beni personali dell’erede, secondo tale filone giurisprudenziale, costituirebbe quindi una sanzione per l’erede beneficiato il quale, omettendo di rendere il conto della liquidazione, pregiudica le ragioni creditorie.
Tuttavia, una pronuncia coeva emessa dalla medesima sezione della Corte di Cassazione (ordinanza n. 20531 del 29/09/2020) ha viceversa aderito al secondo orientamento dapprima illustrato, affermando che “l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario limita al valore dei beni ricevuti la responsabilità̀ dell’erede per i debiti ereditari, ma di per sé non impedisce che, entro i limiti del valore dell’eredità, i creditori ereditari agiscano direttamente contro di lui e sui suoi beni”
Forma dell’accettazione beneficiata:
L’art. 484 c.c. impone il rispetto di particolari formalità per l’accettazione beneficiata: “L’accettazione col beneficio di inventario si fa mediante dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione, e inserita nel registro delle successioni conservato nello stesso tribunale. (1)
Entro un mese dall’inserzione, la dichiarazione deve essere trascritta, a cura del cancelliere, presso l’ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si è aperta la successione.
La dichiarazione deve essere preceduta o seguita dall’inventario, nelle forme prescritte dal codice di procedura civile.
Se l’inventario è fatto prima della dichiarazione, nel registro deve pure menzionarsi la data in cui esso è stato compiuto.
Se l’inventario è fatto dopo la dichiarazione, l’ufficiale pubblico che lo ha redatto deve, nel termine di un mese, far inserire nel registro l’annotazione della data in cui esso è stato compiuto.”
Per quanto concerne i termini dell’accettazione, occorre distinguere se il chiamato si trovi, o meno, nel possesso dei beni ereditari:
- Il chiamato che si trovi nel possesso dei beni ereditari deve eseguire l’inventario entro tre mesi dall’apertura della successione o dalla notizia della devoluzione dell’eredità ed entro i 40 giorni successivi deve deliberare se intende accettare o rinunciare all’eredità. Decorso inutilmente il termine trimestrale (o di quello prorogato dal Tribunale), il chiamato è considerato accettante puro e semplice.
Il possesso dei beni ereditari consiste anche “solo una mera relazione materiale tra i beni ed il chiamato alla eredità e cioè una situazione di fatto che consenta l’esercizio in concreto di poteri sui beni stessi” (Cass. 22 giugno 1995, n. 7076:). A parere di alcuna giurisprudenza, anche di legittimità, largamente contestata, l’onere di redigere l’inventario entro il termine dei tre mesi per il chiamato che si trovi nel possesso dei beni, sussiste anche per il chiamato che intenda rinunciare all’eredità (“L’onere imposto dall’art. 485 c.c. al chiamato all’eredità che si trovi nel possesso di beni ereditari di fare l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia di essa condiziona non solo la facoltà del chiamato di accettare l’eredità con beneficio di inventario ex art. 484 dello stesso codice, ma anche quella di rinunciare all’eredità, ai sensi del successivo art. 519, in maniera efficace nei confronti dei creditori del de cuius, dovendo il chiamato, allo scadere del termine stabilito per l’inventario, essere considerato erede puro e semplice” in questo senso Cass. 29 marzo 2003, n. 4845 e Cassazione civile sez. VI, 23/11/2021, n.36080 “Il chiamato all’eredità che è nel possesso dei beni ereditari non può rinunciare all’eredità in maniera efficace nei confronti dei creditori ereditari se non compie l’inventario entro tre mesi dal giorno di apertura della successione o dal giorno del ricevimento della notizia del decesso del de cuius.”);
- chiamato che non si trovi nel possesso dei beni ereditari: in questo caso il termine per il compimento dell’inventario coincide con il termine di prescrizione per l’accettazione dell’eredità, con l’onere di redazione nei tre mesi successivi all’accettazione: in mancanza l’erede decadrà dal beneficio divenendo accettante puro e semplice.
Qualora il chiamato rediga l’inventario prima di accettare l’eredità, l’accettazione deve intervenire entro i 40 giorni successivi, pena la perdita del diritto di accettare l’eredità.
Ove nei confronti del chiamato sia stata esperita actio interrogatoria, entro il termine fissato dal giudice, il chiamato dovrà sia redigere l’inventario sia dichiarare di accettare l’eredità: in mancanza di dichiarazione, il chiamato perde il diritto di accettare l’eredità, viceversa, in mancanza di inventario, l’erede diventerà accettante puro e semplice;
Ai sensi dell’art. 510 c.c. “L’accettazione con beneficio d’inventario fatta da uno dei chiamati giova a tutti gli altri, anche se l’inventario è compiuto da un chiamato diverso da quello che ha fatto la dichiarazione.” Ciò non significa che l’accettazione con beneficio di inventario sia imposta ai chiamati che intendono rinunciare o a chi intenda accettare puramente e semplicemente ma consente agli altri chiamati di essere dispensati dalla formalità di redazione dell’inventario (in questo senso si veda Cass. SS.UU. sent. n. 10531/2013)
Con l’accettazione beneficiata, l’erede diventa amministratore del patrimonio ereditario anche nell’interesse dei creditori del defunto e dei legatari.
Trattandosi comunque di beni dell’erede, egli risponderà per responsabilità solo in caso di colpa grave.
L’eventuale alienazione dei beni immobili senza la preventiva autorizzazione giudiziale comporta la decadenza dal beneficio di inventario.
Pagamento dei debiti del defunto:
Può avvenire:
- tramite liquidazione individuale: l’erede paga i creditori e i legatari “a misura che si presentano, salvi i loro diritti di poziorità”.
L’erede può procedere a tale forma di liquidazione solo dopo lo spirare del termine dilatorio di un mese dalla trascrizione della dichiarazione di accettazione beneficiata (o dall’annotazione della data in cui è stato redatto l’inventario, qualora successivo alla dichiarazione di accettazione) e solo in caso di mancata opposizione dei creditori, opposizione che imporrebbe all’erede di procedere con la liquidazione concorsuale.
Tale liquidazione è improntata al principio del “prior in tempore potior in iure”: l’erede può liberamente pagare, senza essere tenuto ad osservare altro ordine che non sia quello determinato dalla cronologia delle richieste di pagamento. L’interpretazione maggioritaria ritiene che l’erede debba considerare i “diritti di poziorità” solo nelle ipotesi di concorso simultaneo di richieste di pagamento ed egli non ha la possibilità e il potere di riservare somme per i creditori privilegiati che non abbiano ancora presentato domanda di pagamento, ma di cui sia nota l’esistenza.
I diritti di poziorità sono le c.d. cause legittime di prelazione: privilegio, pegno ed ipoteca che devono essere stati acquistati prima dell’apertura della successione
Esaurito l’asse ereditario, i creditori rimasti insoddisfatti possono rivalersi sui legatari nei limiti del valore del legato e non potranno agire in regresso nei confronti degli altri creditori (neppure se siano chirografari), né pretendere dall’erede il pagamento del proprio credito.
Nel caso di più domande, l’erede dovrà preferire i creditori ai legatari. Nell’ipotesi di legato di specie (che passa direttamente in proprietà del legatario) è discusso se il legatario abbia diritto di conseguirne immediatamente il possesso dall’erede, rischiando di subire l’azione di regresso da parte del creditore rimasto insoddisfatto, oppure non abbia tale diritto, dovendosi attribuire addirittura una responsabilità all’erede che, in presenza di creditori insoddisfatti, consegnasse il bene al legatario.
La fase di liquidazione individuale termina in cinque anni dall’accettazione con beneficio di inventario per i beni mobili, e non ha termine per quanto riguarda.
- Tramite liquidazione concorsuale: può essere frutto di una scelta dell’erede o ‘imposta’ dalla intervenuta opposizione anche di un solo creditore o di un solo legatario entro il termine di 30 giorni dalla trascrizione dell’accettazione beneficiata (o dalla annotazione dell’inventario, se successiva).
L’erede che decide di avvalersi di tale procedura deve convocare gli altri eredi presso il notaio il quale provvederà a notificare ai creditori e ai legatari i cui domicilii siano noti, l’invito alla partecipazione alla liquidazione concorsuale e alla comunicazione del proprio credito. L’invito deve essere pubblicato anche in Gazzetta Ufficiale. Consiste in una procedura concorsuale (devono concorrervi tutti i creditori i quali vengono invitati a partecipare) che viene eseguita con l’assistenza di un notaio.
I beni facenti parte dell’asse ereditario vengono alienati e liquidati e il ricavato ripartito tra i creditori secondo uno stato di graduazione (prima i creditori assistiti da cause di prelazione e successivamente i chirografari).
La formazione dello stato di graduazione è reclamabile con atto di citazione dinanzi al Tribunale del luogo di apertura della successione.
La liquidazione termina anticipatamente per esaurimento dell’asse ereditario (in tal caso l’erede è liberato dalle obbligazioni solo ove renda il conto) o per intervenuta liquidazione di tutte le passività o per cause c.d. “anomale” quali la morte dell’erede beneficiato, rinuncia o decadenza dal beneficio di inventario.
Ipotesi di decadenza dal beneficio di inventario:
- Pagamento dei creditori prima della scadenza del termine dilatorio di cui all’art. 495 c.c. nel caso di liquidazione individuale;
- Compimento di atti senza l’obbligatoria autorizzazione giudiziale;
- Mancata indicazione nell’inventario di beni appartenenti all’eredità o indicazione di passività inesistenti;
Infine, qualora l’erede non abbia provveduto ad alcun atto di liquidazione, può procedere con il rilascio dei beni in favore dei creditori e dei legatari, come disposto dall’art. 507 c.c.: “ L’erede, non oltre un mese dalla scadenza del termine stabilito per presentare le dichiarazioni di credito, se non ha provveduto ad alcun atto di liquidazione, può rilasciare tutti i beni ereditari a favore dei creditori e dei legatari.
A tal fine l’erede deve, nelle forme indicate dall’articolo 498, dare avviso ai creditori e ai legatari dei quali è noto il domicilio o la residenza; deve iscrivere la dichiarazione di rilascio nel registro delle successioni, annotarla, in margine alla trascrizione prescritta dal secondo comma dell’articolo 484, e trascriverla presso gli uffici dei registri immobiliari dei luoghi in cui si trovano gli immobili ereditari e presso gli uffici dove sono registrati i beni mobili.
Dal momento in cui è trascritta la dichiarazione di rilascio, gli atti di disposizione dei beni ereditari compiuti dall’erede sono senza effetto rispetto ai creditori e ai legatari.
L’erede deve consegnare i beni al curatore nominato secondo le norme dell’articolo seguente. Eseguita la consegna, egli resta liberato da ogni responsabilità per i debiti ereditari.”