30 Nov PUO’ UN GENITORE SEPARATO IMPEDIRE AL FIGLIO MINORE DI TRASCORRERE IL TEMPO CON IL NUOVO PARTNER DELL’ALTRO GENITORE?
TRIBUNALE DI MILANO, sentenza del 23/3/2013
Nel caso in esame, per quel che in questa sede interessa, Tizia, affidataria in via esclusiva del figlio minore, proponeva giudizio di divorzio contenzioso nei confronti dell’ex coniuge.
Quest’ultimo, resistente in giudizio, inter alia, insisteva per poter presentare al figlio minore la nuova compagna, al momento con lui convivente.
Sorto conflitto sul punto, stante la ferma opposizione dalla madre collocataria, il Tribunale applicava l’art. 709-ter c.p.c., norma applicabile al procedimento divorzile, in forza dell’art. 5, comma II, Legge 8 febbraio 2006, n. 54.
Il Tribunale rilevava che la madre, opponendosi alla frequentazione del figlio con la nuova compagna del padre, non aveva di fatto allegato alcuna circostanza dalla quale potesse emergere un effettivo pregiudizio ai danni del minore dovuto alla predetta frequentazione.
Alcun rilievo negativo sul punto emergeva inoltre dalla relazione degli assistenti sociali e da quella della psicologa.
Pertanto, a parere del Tribunale “(…) Alla luce dello sfoglio probatorio sin qui condotto, manca in modo assoluto, allo stato, alcuna prova o indizio che la frequenza del figlio con la nuova compagna del padre possa nuocere al minore. In assenza di elementi circostanziati che suggeriscano la distanza tra figlio e nuova compagna del genitore, quest’ultima non può essere esclusa dal rapporto di vita del padre con il minore.”
Inoltre: “Va premesso che il convivente del genitore, il quale abiti con questi in modo permanente, non è qualificabile come mero «ospite»: dal momento che “la famiglia di fatto è compresa tra le formazioni sociali che l’art. 2 della Costituzione considera la sede di svolgimento della personalità individuale, il convivente gode della casa familiare, di proprietà del compagno o della compagna, per soddisfare un interesse proprio, oltre che della coppia, sulla base di un titolo a contenuto e matrice personale la cui rilevanza sul piano della giuridicità è custodita dalla Costituzione, sì da assumere i connotati tipici della detenzione qualificata”(Cass. Civ., sez. II, 21 marzo 2013 n. 7214).
Ne consegue che: sotto un primo angolo prospettico, in assenza di pregiudizio per il minore e adottando le opportune cautele, IL GENITORE HA DIRITTO A COINVOLGERE IL PROPRIO FIGLIO NELLA SUA NUOVA RELAZIONE SENTIMENTALE, TRATTANDOSI DI UNA FORMAZIONE SOCIALE A RILEVANZA COSTITUZIONALE; ciò, a maggior ragione, dove il periodo di riferimento non sia quello immediatamente successivo alla separazione (e più delicato) ma, addirittura, quello divorzile a distanza di 9 anni dalla rottura della convivenza madre – padre; sotto un’altra visuale, il divieto di frequentazione del nuovo convivente del genitore non collocatario, di fatto può tradursi in una lesione del diritto di visita inclusivo del pernottamento proprio perché, come sopra rilevato, il nuovo partner non è un mero ospite che può essere allontanato tout court dalla casa; l’effetto sarebbe porre il padre di fronte ad una scelta che mette da una parte la nuova compagna e dall’altro il figlio; quanto troverebbe giustificazione solo se il preminente interesse della prole fosse esposto a rischio.”
Il tribunale milanese, conclude inoltre citando la letteratura psicologica sul punto: “si ritiene che il graduale inserimento dei nuovi compagni, nella vita dei figli di genitori separati, corrisponda al loro benessere, dove madre e padre abbiano cura e premura di far comprendere alla prole che le nuove figure non si sostituiscono a quelle genitoriali.“